Trent'anni fa pensavo che nel 2018 le macchine invece di viaggiare sulla strada avrebbero volato per le strade virtuali del cielo spinte da propulsori o da un serbatoio pieno di elio.
Pensavo che un giorno gli extraterrestri sarebbero venuti nel nostro pianeta e che mi avrebbero portato via con loro.
Parlavo con le bambole e facevo finta di essere un insegnante, mettevo tutte le bambole in fila sul letto e parlavo con loro per ore come se fossero i miei alunni, le sgridavo e le mandavo continuamente in castigo, mai in gita scolastica..
Quando i miei genitori mi mettevano in punizione mi toglievano sempre la tv e mi lasciavano i libri...come se fosse una punizione.. così sin da molto piccola leggevo milioni di pagine e cominciai con carta e penna a scrivere tutto quello che mi veniva in mente..
Non sono mai stata ricca, ma non sono mai stata infelice. Sogno sempre, penso sempre, scrivo qualcosa ogni giorno, studio sempre e mi metto alla prova in tutto. Sempre.
Ricordo molte cose di scuola anche se i ricordi più brutti la mia mente deve averli rimossi automaticamente.
Ma alcune cose proprio non le dimenticherò mai. Parliamo delle elementari.
Il primo fidanzatino e le prime marachelle, imparare a scrivere, a leggere (anche se sono andata a scuola che gia leggevo abbastanza bene), gli scarabocchi nei quaderni, i disegni pastrocchi, 41 note delle maestre in prima, le gite scolastiche, le recite, le foto..tutto è nuovo alle elementari.
Quello che ricordo amavo di più della scuola era respirare il profumo dello zaino appena comprato.
Che buono! Era l’odore della scuola! Nn sapevo come definirlo altrimenti. E poi adoravo andare in giro per i negozi con mamma a scegliere quaderni, matite, penne e tutto l’occorrente.
La scelta del diario era la più bella. Quella con gli anni è rimasta. Lo uso ancora adesso e ogni anno lo compro nuovo.
Alle elementari trovi un mondo che assolutamente non conosci, specie se non sei mai andato alla scuola materna come me. Non ricordo molto delle elementari. Ricordo i miei compagni dalle foto che avevamo fatto e poche altre cose. Non ricordo il primo giorno di scuola e nemmeno il banco dov’ero seduta. Ricordo di aver avuto banchi di color verde bottiglia, in qualche classe ma non so assolutamente quale. Ricordo che il giardino della scuola aveva la terra e ancora non aveva alberi. Un anno abbiamo partecipato ai giochi della gioventù in quel giardino, poi dopo anni hanno piantato gli alberi e hanno messo le mattonelle e ora è tutto diverso.
Il cancello rosso rame invece è sempre uguale.
Un ricordo un po meno piacevole è stata la foto che i miei conservano ancora, fatta in prima elementare con il grembiulino blu, il colletto bianco e i capelli alle orecchie..
Mia madre aveva un ossessione innata per i miei capelli, in quel periodo non faceva altro che tagliarmi i capelli a caschetto alle orecchie, cosa molto devastante per le bambine, che poi non avendo i capelli lisci lisci mi stava gonfio sulle punte come se avessi delle orecchie enormi che non lo facevano stare giu. A cinque anni li avevo lunghi fino al sederino, quando poi per il primo traumatico giorno di scuola mi portai in testa un caschetto orribile vita natural durante, fino ai 12 anni che mi ribellai tagliandoli così corti che sembravo una copia più magra di mio padre.
A parte questo momento depressivo per i miei poveri capelli, non sono mai passata inosservata a scuola, anche se ero piuttosto bruttina, ma le mie monellerie compensavano il fatto che non fossi proprio una bella bambina. Spesso mamma racconta delle mie monellerie che non mancavano mai perché non sono mai stata una santarellina!
Molto pigra all’epoca, non volevo mai alzarmi per portare qualcosa a qualcuno che me lo chiedeva e così ho escogitato il metodo “te lo lancio”, finchè una mia compagna non mi ha chiesto un paio di forbici…l’ho mancata per miracolo.
Poi ero quella che metteva la colla nella sedia dell’insegnante di francese che ci ossessionava con le canzoncine “Ma tante vend des pommes…” e con un pupazzetto di stoffa che la maestra chiamava Popì. E poi alcuni giorni erano i miei preferiti per sabotare gli insegnanti dalle ore di lavoro come il giorno del pesce d'aprile nascosta in bagno con una fasulla porta bloccata fino all'arrivo (quasi) del fabbro dove con la mia bella faccina esplosi in un fragoroso “PESCE D’APRILEEEEE”!!
Devo dire che riuscì bene. Per fortuna non ricordo cosa fecero le insegnanti ma penso che il minimo sarebbe stato volermi strozzare.
Facevo la leader ed ero un maschiaccio. Insieme a tre delle mie migliori amiche di scuola facevamo le Sailor Moon, io ero Sailor Mercury, la Sailor in blù. Ogni tanto che ci ripasso davanti mi vedo insieme alle mie compagne facendo le guerriere Saylor. Alla ricreazione combattevamo contro il male, dovevamo salvare il pianeta, o la merenda da qualche gatto affamato.
Quando non avevo voglia di salvare il mondo, facevo #linfermierachecuraconlaterra...impastavo impacchi di terra e acqua da spalmare adosso a qualcuno che si faceva male come se la terra curasse tutto.
Quella che non finiva sopra qualcuno la mangiavo.
Eh si, la scuola è tutta un’avventura. Le elementari poi che sono l’inizio dovrebbero essere i periodi migliori ma se non impari a conoscere bene le tue capacità di studio, tutti gli altri anni vengono penalizzati. Tutti gli altri anni li ho rimossi dalla mia mente a parte una recita che abbiamo fatto l’ultimo anno interpretando il cartone del “Re Leone”. Che bel ricordo ho di quel giorno!
Il mio personaggio era la leonessa Nala e dovevo cantare la stessa canzone che c’è nel film, perciò ogni volta che la sento, ricordo quell’anno a scuola. La parte più divertente è stata truccarci e vestirci come leoncini e alle prove prima della recita l’insegnante che mi seguiva si arrabbiava sempre perché chiudevo gli occhi mentre cantavo invece di guardare il pubblico. All’epoca non sapevo che da quegli anni in poi avrei cantato tante altre volte davanti a tante persone, ma mai sono stata agitata come quel giorno. Non lo dimenticherò mai.
Alle medie fu tutto un mondo a parte.
Ero una racchia con la riga in mezzo e i capelli alle orecchie, la matita nera sempre colante negli occhi e il mio abbigliamento era fatto quasi esclusivamente da tute da palestra una taglia più grandi che mi facevano sentire un fagotto imbarazzante con la mia inseparabile cartella blu notte con le bamboline della Onyx che adoravo tanto da adottarle come figlie.
Sebbene odio il pallone e tutti i giochi di squadra che implichino l'uso di questo, avevo ottimi voti in educazione fisica, ed ero al pari dei maschi quando si trattava di saltare con la corda, nonostante non giocassi a calcio. Impegnato il cervello in storia dell'arte e algebra entrai nel gruppo di canto della scuola, no...non pensate a Gabriella di High School Musical, Troy Bolton non è il mio fidanzato, ne mio marito...Quegli anni imparai a conoscere l’inglese. Da piccola quando canticchiavo le canzoni in inglese dicevo parole a vanvera e senza senso, ma ogni volta che cantavo davanti allo specchio sembrava che fossi bravissima. Quando imparai a capire i vocaboli e leggerli imparai anche a cantare pronunciando le parole correttamente. Alla mia insegnante di Inglese piaceva tanto il suono della mia voce e probabilmente anche la mia discreta pronuncia inglese che mi faceva cantare spesso in piedi davanti a tutti ‘My heart will go on' ..Celine abbi pazienza… Ho ancora i libri d’inglese sia delle medie che delle superiori, ogni tanto li sfoglio e mi rimetto a leggere.
Crebbero in quegli anni anche gli incubi con la matematica, monomi, polinomi, radici quadrate e una vasta collezzione di 3 e 4 in pagella.. iniziai a leggere per intero ‘I promessi sposi’ e ‘La divina commedia’, mi innamorai di Alessandro Manzoni e di Dante Alighieri, dei fantasy di Tolkien, di racconti perduti scritti in libri polverosi trovati nella libreria della scuola e delle lezioni dell’insegnante di artistica che mi facevano vivere i dipinti come vedessi il pittore che li dipingeva nel momento. Grazie a lei il mio amore per l’arte è sempre vivo e la mia tecnica nel disegnare gli alberi è senza dubbio migliorata. Ancora conservo alcuni lavori dei tempi della scuola..
Alle superiori cambiò il mio mondo e iniziai a cambiare anchio. Innamorata di un professore che non mi guardava nemmeno passavo le ore a studiare sui libri, e non solo quelli scolastici.
Il mio aspetto si trasformò da befana a una mediterranea curvy, vestita con autostima e qualche gonna leggermente più stretta.
Dopo i lunghi otto tremendi anni di esaurimento dei miei capelli prima lunghi, poi #cortimaipiù e poi di nuovo lunghi iniziò un lungo cammino con il colore ai capelli #rossituttalavita che non ho cambiato più.
I capelli sempre lunghi, la taglia quella giusta e un make up che migliorava ogni giorno.
Avevo già una buona dose di autostima.
Delle scuole superiori, che migliori non avrei potuto fare ricordo tutto. Ho fatto la scelta migliore che potessi fare studiando nell’istituto alberghiero migliore e tutti gli insegnanti che ho avuto hanno lasciato qualcosa di profondo in me. Ogni professore ha qualcosa di speciale nel suo modo di insegnare e i migliori vanno tutti li. Ho una punta di nostalgia nello scrivere, perché quegli anni passati sono stati per me i migliori e unici, sia con i miei compagni che con gli insegnanti.
Chi mi ha insegnato cosa significa il termine 'pazienza', chi mi ha insegnato a vivere la mia vita a testa alta e a non avere paura di mettersi alla prova, chi mi ha insegnato a sorridere di piu e a ridere di se stessi, chi mi ha insegnato a procedere a obiettivi, con determinazione. E c’è chi purtroppo non potrò piu ringraziare perché non c’è piu, ma nel mio cuore, come nel cuore di altri insegnanti e studenti, ha lasciato un segno indelebile con il proprio sorriso, e Lei mi ha insegnato cosa significa la parola ‘solarità’ quando non sempre va tutto bene… La ricorderò nel mio cuore per sempre.
Ma più di tutti per me è stato fondamentale l’insegnante chef migliore che si possa avere. Se il mio amore colossale per la cucina cresce ogni giorno di più, è solo merito suo. Lui mi ha insegnato valori fondamentali, come il rispetto per noi stessi, per gli altri e per la terra che abbiamo. Mi ha insegnato, non solo come pulire il pesce e come non far bruciare una cipolla, ma ad amare ogni singolo cibo e mettere amore in ogni cosa che si fa. Il mio rapporto con la cucina è unico e particolare per tutte le sfumature che la cucina ha e il mio è esteso in tutto il mondo.
Grazie al suo amore per la cucina che mi ha trasmesso con tanta passione, ho capito che quell’amore che sentivo poteva crescere ancora. E anche dopo che sono uscita da quell’istituto non ho mai smesso di mettere alla prova le mie capacità ed ampliare le mie conoscenze dei cibi di tutto il mondo. La terra possiede migliaia di prodotti e sapori nuovi che possiamo provare, sperimentare e realizzare con un minimo di fantasia. Vorrei che ogni alunno potesse vivere la scuola come l’ho vissuta io e con l’amore per le cose importanti trasmesso con passione e impegno, dato che studiare richiede impegno e costanza, ma senza dubbio una volta finita la scuola ho sentito che ogni sforzo che ho fatto mi ha dato cento volte più del risultato della fatica e dell’impegno del momento.
Studiavo perché volevo diventare archeologa e con la scusa viaggiare per il mondo. Ma all'epoca l'università costava troppo per i miei genitori e io dovevo ancora trovare un lavoro stabile.
Per pagarmi gli studi, iniziai a lavorare mentre andavo ancora a scuola, prima finii in un albergo in cucina insieme ad uno chef xxl che mangiava tutto quello che tornava in cucina e guardava sempre il seno a tutte le ragazze che gli passavano davanti, come se non bastasse la sua assistente era una chef lesbica che mi guardava sempre come fossi un bignè. Poi finalmente entrai a lavorare in un azienda che da bignè mi fece diventare estetista.
Fare l'archeologa restò sempre un sogno.
L'ultimo anno prima del diploma il secchione della classe, Leonardo, che si era infatuato di me, durante la pausa tentò di baciarmi, io misi la mano davanti alla bocca e senza nessun problema gli dissi: "scusa, puzzi"...Non riesco a non ridere quando ci penso.
Dopo il diploma non smisi mai di studiare. Ne di scrivere. Scrivo per me e per gli altri, ogni giorno, ovunque e comunque.
E ora che passano gli anni vedo i miei cuginetti e nipotini andando a scuola a loro volta con quell’enorme zaino piu grande di loro sulle spalle. Come sono teneri quando sono così piccoli! Sembrano dei pulcini appena usciti dal guscio che iniziano la loro prima avventura: la vita.
I genitori si stupiscono di come i figli crescono, a volte troppo infretta e si stupiscono degli anni che sono volati mentre con la mente rivivono quei ricordi di scuola quando loro erano pulcini.
La scuola non è perfetta, ti devi sempre adattare ad insegnanti diversi che non si adattano ai bambini che hanno diverse necessità, ma solo il contrario. Ti insegnano dell'uomo primitivo, ti insegnano una matematica che non userai mai nemmeno lavorando alla Nasa e ti fanno ripetere per 13 anni prima e seconda guerra mondiale, senza mai insegnarti la storia di Sacajawea, raccontarti le imprese di Amelia Earhart o lo spirito indipendente di Margaret Thatcher e di Frida Kalho, grandi donne che hanno davvero cambiato il mondo. Ma comunque ti insegna a vivere, ti insegna a crescere, ti insegna ad avere le passioni e ti insegna ad amare.
Ogni giorno è una sfida da affrontare con i suoi problemi e le sue scelte ma è anche uno stupirsi di come nella vita le cose possono cambiare da un momento all’altro. Perché quando va tutto male non sarà sempre così e quando va tutto bene non sarà sempre così. La cosa importante è non preoccuparsi troppo da non vedere cosa la vita ci mostra, e da impedire a noi stessi di vivere appieno ogni giorno. Vediamo i nostri figli crescere senza perderci un attimo della loro vita perché potremmo rimpiangere il momento in cui sono cresciuti e noi non ce ne siamo accorti. Così come la scuola è un percorso da fare anche la vita è un percorso che non ha mai fine. T
Non sai? Prendi un libro e leggi.
Vuoi cambiare? Levati da quella maledettissima zona di comfort e fai qualcosa che non hai mai fatto.
Nasciamo femmine ma la tempra, i tacchi e l'indipendenza ci fanno diventare donne.
Dieci anni aspettando che arrivasse mio marito e dopo varie fasi di straordinaria scemenza sono arrivata a oggi con tre cose buone:
Ripenso tanto a quando ero bambina, tutte le fasi della mia vita, le cavolate, le amiche sbagliate e quelle poche giuste, momenti buttati al vento e altri usati bene...insomma... se avessi avuto una vita diversa non sarei stata me: tanto fattore C, tanta autostima, indipendenza, un'automobile inseparabile, il mio lavoro fantastico, e la voglia di non fermarmi mai.
Tutto quello che ho vissuto ha un perché, e gli anni che passano mi fanno capire che la persona che stimo di più sono io, la stessa con cui sono in competizione e che amo alla follia.
Anche per questo motivo la mia vita è fantastica.
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